Quello che resta è un progetto a 4 mani con il fotografo
Fabio Astone.
Immaginare le vite di perfetti sconosciuti. Pescare, a caso, fotografie di famiglia, scatti personali, foto ricordo. Mercatini e negozi vintage racchiudono storie, attimi, momenti che possiamo solo ricostruire.
Quello che è stato, quello che poteva essere, quello che invece non è successo ed è bello solamente immaginare. Matrimoni, attimi regalati ad un’amica, immagini di noi bambini, momenti spensierati colti nel loro divenire. E' capitato a tutti di avere queste fotografie, di guardarle, di chiederci com’eravamo e come saremmo potuti essere.
Questo progetto parte con la ricerca di fotografie, in bianco e nero, che vanno dagli anni ‘20 agli anni ‘60 che avessero come primo criterio di scelta un trasporto emotivo, poi si è iniziato a ricostruire il dopo, sempre navigando sulla strada della sensibilità e dell’impulsività.
Pellicole e vecchie macchine analogiche si pongono come continuum spazio temporale, connessione col mezzo per cercare di vedere cosa potesse esserci dietro quei volti sconosciuti, ma comuni, che sottovoce raccontavano una storia.
L'iniziale dissonanza del legame creatosi con alcune immagine, vuole lasciare libero, chi guarda, di creare una propria storia personale, l’attimo perfetto (o imperfetto), storie banali ma uniche, memorie private che diventano, in questo caso, pubbliche. Intimi attimi che diventano collettivi e condivisi, soprattutto rimaneggiati, ripensati, ricreati e con questo emozioni nuove.
Quello che resta vuole creare delle narrazioni visive che si muovono sul piano del ricordo, impresso sulla pellicola, diventando storie di ognuno di noi.
Quello che resta is a project taken with Fabio Astone.
Imagining lives of perfect strangers. Picking, at random, family photographs, personal shots, souvenir photos. Markets and vintage shops contain stories and moments that we can only rebuild.
What has been, what might have been, what did not happen and it's nice just to imagine. Weddings, moments given to a friend, images of us children, carefree moments caught in their becoming. It happened to everyone to have these photographs, to look at them, to ask ourselves how we were and how we could have been.
This project starts with the search for photographs, in black and white, ranging from the '20s to the' 60s that had as their first criterion of choice an emotional transport. Then started to rebuild the after, always navigating on the road of sensitivity and impulsivity.
Films and old analogical machines are placed as a continuum of time, a connection with the medium to try to see what was behind those unknown, but common, faces that told a story under their breath.
The initial dissonance of the bond created with some images wants to leave free, those who look, to create their own personal story, the perfect moment (or imperfect), banal but unique stories, private memories that become, in this case, public. Intimate moments that become collective and shared, especially reworked, rethought, recreated and with this new emotions.
What remains wants to create visual narratives that move on the level of memory, imprinted on the film, becoming stories of each of us.